
Fini, Berlusconi e Bossi (foto Ansa)
In Italia c'è una macchina che non cammina, ma costa cara. È la Bossi-Fini: il complesso meccanismo di contrasto all'immigrazione irregolare, fatto di espulsioni, Cie e reato di clandestinità,
non ha infatti mai girato a pieni regimi. I numeri stanno lì a
dimostrarlo. Partiamo dal reato-manifesto introdotto nel 2009: dalla procura di Agrigento (ora impegnata con i sopravvissuti di Lampedusa)
si ricorda che dall'entrata in vigore del reato di immigrazione
clandestina nella sola Città dei Templi sono stati aperti 511 fascicoli,
per 12.867 indagati. Un lavoro immane e costoso.
Contro il reato l'ufficio giudiziario, guidato da Renato Di Natale, ha sollevato infatti eccezione di costituzionalità, rigettata però dalla Suprema Corte
nel 2011. I pm hanno poi richiesto l'archiviazione per gli indagati,
puntualmente rigettata dal giudice di pace che ha invece imposto
l'imputazione coatta con successiva condanna: una sanzione
amministrativa di 5.000 euro.
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